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Episodio 29: nonno Betto e le ciliegie di Lucin
Stavolta al Paperotti nonno Manlio presenta un nuovo personaggio, nonno Betto. Monello come lo siamo stati tutti da bambini, Betto andò una volta a rubare le ciliegie, ma pagò la marachella con una bella dose di ceffoni in più riprese, e con un buffo incidente alle mani che avevano commesso il ‘peccato’.
Quella sera al Paperotti nonno Manlio raccontò una storia capitata da bambino a nonno Roberto, chiamato “Betto”.
Betto abitava a Savigliano in una casa di ringhiera e giocava sempre in cortile coi bambini delle altre famiglie. Poco distante c’era la cascina di Lucin, dove la mamma di Betto andava ogni sera a prendere il latte appena munto. Lucin aveva anche un frutteto di ciliegi. Era tutto cintato, e terminava su una roggia profonda quasi un metro. Una volta (era giugno e i ciliegi erano carichi) uno dei bambini disse: “andoma a fé maroda ‘d cirèse” (andiamo a rubare le ciliegie). In un attimo il gruppetto di monelli uscì dal portone ed entrò nel frutteto a fare scorpacciata di ciliegie.
Betto voleva portarne anche alla sorellina rimasta a casa, e se ne infilò molte sotto la camicia. Ma arrivò Lucin: “Ah, bricconi, ve lo insegno io fare maroda!” e si piazzò al cancello per chiudere la via di fuga. Ai ladruncoli non restava che guadare la roggia in fondo e lo fecero di corsa, ma Betto, oltre a bagnarsi fino al collo come gli altri, nel risalire la sponda in cemento del canale schiacciò le ciliegie che aveva addosso, tanto che la camicia gli si macchiò tutta di rosso.
Andò in casa per cambiarsi, ma la mamma lo vide: “Sei andato a rubare le ciliegie di Lucin, eh? Non si fa!” E giù schiaffi.
Verso sera, per punirlo, mandò lui a prendere il latte da Lucin. Betto non voleva andarci perché temeva di incontrare il padrone, ma gli arrivò una seconda scarica di sberle e dovette ubbidire. Come previsto, Lucin lo riconobbe: “Ah, giurabacco! Tu eri tra quelli che oggi mi han rubato le ciliegie!” e giù una scarica di ceffoni, la terza.
Ma non era finita. Quando la sera tornò il papà di Betto dal lavoro, la mamma gli raccontò la prodezza del figlio. Quarta dose di scapaccioni dal babbo. Betto scoppiò a piangere: “Ma basta! Perché sempre io, solo io? Eravamo in tanti!”. Preso dalla rabbia afferrò una piantina fatta a palla sul balcone, e la buttò giù in cortile. Ribellione e vaso rotto: quinta dose di sberle. Il guaio è che era una pianta grassa, piena di spine minute che gli si piantarono nelle mani. Non c’era verso di toglierle. Per fortuna la mamma conosceva un vecchio trucco: spalmò una poltiglia di mollica e latte sui palmi delle mani del figlio e le fasciò. L’indomani la poltiglia era quasi asciutta e aveva tirato in sé tutte le spine. Fu però una dura lezione per Betto: cinque dosi di schiaffi e le spine, per un po’ di ciliegie! Mai più!