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Episodio 30: nonno Betto e la pesca col ciò rampin
Torna in scena al Paperotti nonno Betto da bambino. I bambini sono utili, perché la gente crede che siano tutti candidi e ingenui, mentre invece spesso sono solo furbi e abili nel sembrarlo, quando serve loro per scansare una punizione o, come in questo racconto, per aiutare lo zio a pescare di frodo.
Questa volta al Paperotti nonno Manlio torna a raccontare un fatto buffo capitato a nonno Betto quando era bambino.
Se ricordate il racconto delle ciliegie rubate, nonno Betto abitava a Savigliano in una casa di ringhiera, di quelle che sembrano un fortino quadrato e al centro hanno un grande cortile. Intorno, era tutta campagna, e fuori dal portone c’era un ponte che attraversava la roggia, proprio quel canale che i monelli avevano guadato per scappare dopo aver rubato le ciliegie nel podere di Lucin.
Nel cortile lavorava Sandro, uno zio di Betto, appassionato pescatore. La roggia fuori dal portone era piena di trote, ma la pesca era vietata. Come fare a tirarne fuori qualcuna senza farsi beccare dai guardapesca? Zio Sandro aveva escogitato un trucco degno di Arsenio Lupin. Preparava la sua canna vera, con mulinello, lenza, amo e verme, poi gettava la lenza ‘armata’ nella roggia e nascondeva la canna sul bordo, tra le frasche. L’amo spariva sul fondo trascinato dai piombini. Il filo era invisibile. La canna anche. Solo la punta si muoveva, quando una trota abboccava. Certo, bisognava essere lì per tirarla fuori. Il trucco di zio Sandro stava proprio in quello: aveva escogitato un ‘diversivo’ per distrarre i guardiapesca. Dava al piccolo Betto una rozza canna di palude che sulla punta aveva attaccato un filo, al termine del quale era legato un “ciò rampin”, uno di quei quei grossi chiodi neri a elle che si piantano nei muri per sostenere le cose pesanti. L’incarico di Betto era di stare sulla sponda con la canna in mano e il ciò rampin in acqua. Quando passavano i guardiapesca gli chiedevano “cosa fai?” – “pesco” – “fai vedere”. Lui tirava su il ciò rampin, e loro si mettevano a ridere. Convinti che il piccolo giocasse solo a imitare i pescatori, se ne andavano. Invece Betto teneva d’occhio la punta della canna vera, nascosta nel cespuglio vicino. Appena la vedeva muovere faceva un fischio, lo zio usciva dal portone, si guardava intorno ben bene, e tirava fuori la trota. Poi cambiava l’esca, rimetteva tutto in acqua e tornava dentro col pesce.
In piemontese, di uno che si finge scemo per non essere punito, si dice “quello lì fa lo scemo per non pagare il dazio”. Qui a fingersi ingenuo era Betto, per non far pagare le multe allo zio. Nel caseggiato sapevano del trucco, ma tacevano, complici, perché le trote erano buone, e tante. Ce n’era per tutti.